Una fotografia può ancora cambiare la nostra percezione del mondo?
Di solito in questo blog parliamo solo di fotografia. Partiamo da una novità del mercato, da un qualcosa che ci è successo o da una domanda che ci è stata posta per parlare e riflettere, ma rimanendo sempre all’interno del mondo della fotografia. Oggi vorrei fare una considerazione più approfondita partendo sempre da una fotografia, ma per parlare dell’effetto che questa ha sulla nostra società.
In questi giorni sta circolando una fotografia di un neonato messo in salvo nelle acque del Mediterraneo da un membro della Guardia Civil spagnola. Il luogo in cui è stata scattata è Ceuta. Un piccolo enclave spagnolo in Marocco diremmo noi, un piccolo pezzo di Europa in terra d'Africa direbbe un abitante della zona. Per un africano quel lembo di terra vuol dire avere una porta aperta verso un mondo che crede migliore per lui e per la sua famiglia e per questo è disposto a mettere a rischio la sua vita e quella dei suoi parenti, anche quelli più piccoli, pur di raggiungerlo. Naturalmente che la vita sia effettivamente più semplice in Europa che in Africa per alcune di queste persone si rivela assolutamente falso, basti pensare agli immigrati che arrivano in Italia e vengono schiavizzati dal caporalato nei campi del sud Italia, ma loro in quel momento non lo sanno o pensano che il gioco valga la candela. E per certe persone anche finire sotto un caporale a raccogliere la frutta e la verdura, avendo la possibilità prima o poi di emanciparsi, rappresenta comunque un salto di qualità nella loro vita. Per questo motivo migliaia di persone in questi giorni stanno arrivando o cercando in ogni modo di arrivare a Ceuta: per poter in qualche modo mettere un piede in Europa sperando di poterci rimanere. La cittadina spagnola è presa letteralmente d'assalto da migliaia di persone e per quanto sia stato schierato l'esercito, questo non può comunque contrastare una fiumana di persone del genere. E qualche morto in situazioni come queste ci scappa e spesso a morire o a rischiare di farlo sono le persone più deboli, come il neonato della foto che senza quel militare che lo ha salvato sarebbe morto affogato.
Questa lunga premessa per dire: può una fotografia risvegliare gli animi e il dibattito su uno dei grandi problemi di questi tempi? Qualche tempo fa vi avrei detto di sì, alla fine un servizio fotografico di Ansel Adams riuscì a salvare un parco nazionale e una foto di Nick Ut contribuì a far fermare la guerra del Vietnam. Oggi invece dico di no, che la fotografia non riesce più ad avere questo potere e che chi pensa che questa fotografia possa far risvegliare le coscienze degli occidentali dal torpore in cui sono cadute da anni si sbaglia. Questa fotografia ha una potenza evocativa enorme e per qualche tempo potrà aprire gli occhi a una parte di popolazione, potrà far porre delle domande a qualcuno e probabilmente per qualche giorno non si parlerà di immigrazione solamente in termini dispregiativi. Gli sciacalli "verdi" e quelli "tricolore" sposteranno il loro focus su qualcosa di diverso, ma tra qualche giorno tutto ricomincerà come se quella foto non fosse mai stata scattata e nessuno l'avesse mai vista. Basterà un tempo variabile tra 3 giorni e 2 settimane - dipende da come verrà posta la questione sui media - affinché si ritorni alla solita vita e a lamentarsi di quanto siamo sfortunati noi perché il coprifuoco ci dice di tornare a casa alle 24 come successe a Cenerentola.
Dico questo non per disfattismo, ma perché è già successo parecchie volte. L'ultima volta che ho visto una scena del genere, anzi ancor più tragica, è stata nel 2015. In quel caso il bambino siriano Aylan viene trovato morto sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. Il suo corpo immobile prono sulla battigia, il viso parzialmente immerso nell'acqua. Una foto che ancora oggi faccio fatica a guardare e che sconvolse le coscienze di tutto il mondo. Inizialmente sembrò che a qualcuno importasse veramente qualcosa di quelle persone, ma dopo poche settimane tutto tornò esattamente al punto di partenza. Chi aveva una sensibilità prima continuò ad averla anche dopo, chi sembrava averne ricevuta una improvvisamente invece la perse con la stessa velocità con cui l'aveva acquisita. La politica tornò a occuparsi di altro, la gente normale a pensare ad altro.
In conclusione mi chiedo: dai tempi della guerra del Vietnam e dalla foto di Nick Ut cosa è cambiato? È cambiata la fotografia e ora non riesce più a comunicare efficacemente come una volta? Siamo bombardati da immagini e ci siamo assuefatti? O semplicemente la cultura è cambiata e disabituati a leggere, sempre connessi a vedere micro video veloci altrimenti ci annoiamo e perdiamo attenzione siamo diventati mediamente più superficiali e disincantati? Probabilmente la risposta è insita in un po' tutte queste domande. Nel frattempo sono iniziate le prime teorie del complotto. Per fortuna, di quelle si sente sempre il bisogno.
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