G-CNG5V1EEK1
top of page

Henri Cartier-Bresson e l’Italia in mostra a Torino, il comunicato ufficiale

Immagine del redattore: Gianluca LaurentiniGianluca Laurentini

Henri Cartier-Bresson, Roma, 1959, © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
Henri Cartier-Bresson, Roma, 1959, © Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Ogni giorno ci vengono inviati numerosi comunicati stampa, scegliamo quelli che ci sembrano più interessanti per i nostri lettori e li ripubblichiamo per vostra conoscenza.


Dopo le mostre dedicate a due grandi maestri della fotografia italiana e internazionale come Tina Modotti e Mimmo Jodice, dal 14 febbraio 2025 con Henri Cartier-Bresson e l’Italia e Riccardo Moncalvo. Fotografie 1932-1990, CAMERA - Centro Italiano per la Fotografia di Torino inaugura il programma espositivo 2025.

 

Curata da Clément Chéroux e Walter Guadagnini, la mostra su Henri Cartier-Bresson, l’occhio del secolo, propone un racconto dedicato al legame tra il fotografo francese e l’Italia, uno dei Paesi da lui più frequentati e amati.

Accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, la mostra è scandita cronologicamente dai viaggi del fotografo attraverso il territorio, da Nord a Sud, dall’effervescenza e profondità che il paesaggio, soprattutto umano, del nostro Paese è stato in grado di trasmettergli, e dalla ricchezza delle testimonianze documentali capaci di raccontare, tra giornali, riviste e libri, le tappe del rapporto del Maestro con l’Italia. 

 

Realizzata in collaborazione con Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi e promossa da Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, l’esposizione presenta 160 immagini che si focalizzano su alcuni periodi centrali della carriera del fotoreporter a partire dagli anni Trenta: è proprio nel corso di questo primo viaggio che il fotografo, ancora giovanissimo, acquisisce nuove consapevolezze sulla sua carriera e definisce la cifra stilistica che lo renderà riconoscibile in tutto il mondo. 

 

Nato nel 1908 da una famiglia benestante, dopo aver studiato pittura con André Lhote, si introduce nel circolo surrealista parigino; è dall’incrocio tra un’idea di pittura come composizione formale e l’estetica surrealista dell’enigma che nasce il suo linguaggio fotografico. Nel 1932, Cartier-Bresson visita l’Italia per la prima volta con due amici molto cari – il poeta e scrittore André Pieyre de Mandiargues e la pittrice Leonor Fini – che saranno protagonisti di importanti scatti di quel periodo. Milano, Venezia, Trieste, la Toscana, il Lazio e la Campania: nonostante sia all’inizio della sua carriera, Cartier-Bresson definisce in quel periodo alcune tematiche che caratterizzeranno tutta la sua produzione, come la straordinaria gestione dello spazio dell’immagine, il rapporto tra realtà e invenzione e la capacità di cogliere l’istante. In particolare, all’interno di alcuni paesaggi urbani si nota un processo di geometrizzazione del reale che racconta di un uso mentale della macchina fotografica.

 

Dopo aver fondato con Robert Capa, David “Chim” Seymour, George Rodger e William Vandivert l’agenzia Magnum Photos nel 1947, ormai noto a livello internazionale, il fotografo torna in Italia nel 1951, in un Paese profondamente cambiato, reduce dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale e in corso di ricostruzione.

In qualità di fotoreporter realizza servizi per diverse testate internazionali, da Life ad Harper’s Bazaar a Holiday, concentrandosi soprattutto su Roma e sul Sud Italia, due luoghi che presentano caratteristiche sociali e visive ben riconoscibili. In particolare, sono celebri gli scatti realizzati in un Sud modellato sulle pagine di Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi, che introdurrà Henri Cartier-Bresson tra la Basilicata e la Lucania proprio in questi anni. Questi scatti documentano il disagio e le criticità del contesto sociale meridionale, ma anche la straordinaria ricchezza delle sue tradizioni e le novità introdotte dalla riforma agraria, dando ulteriore visibilità internazionale alla questione. In questi stessi anni opera anche a Roma, dove realizza per Life uno straordinario portfolio sulla vita di una piazza romana, affascinato dai volti delle persone e dallo stile di vita ancora legato all’identità profonda del luogo. 

 

Tra gli anni Cinquanta e Sessanta Cartier-Bresson lavora a numerosi servizi sulle città di Roma, Napoli e Venezia, nei quali si può apprezzare da un lato la sua capacità di interpretare la vita quotidiana delle città e dei loro abitanti, dall’altro la sua abilità di ritrattista anche degli intellettuali del tempo, tra cui Pier Paolo Pasolini, Roberto Rossellini e Giorgio de Chirico

L’ultimo periodo italiano risale agli anni Settanta, poco prima di allontanarsi dalla fotografia professionale, quando il fotografo si focalizza sul rapporto tra uomo e macchina e sull’industrializzazione in particolare del Sud del Paese: sono di quegli anni, infatti, i servizi sullo stabilimento Olivetti di Pozzuoli e su quello dell’Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco.

 

La mostra si chiude idealmente con il ritorno a Matera, per raccontare, negli stessi luoghi fotografati vent’anni prima, proprio la nuova realtà che avanza verso la modernità, rimanendo comunque aggrappata all’imprescindibile identità locale.

 

L’esposizione, inoltre, include un percorso di opere visivo-tattili accompagnate da audiodescrizioni.

 

 

Fino al 6 aprile 2025, la Project Room di CAMERA ospita, invece, l’esposizione Riccardo Moncalvo. Fotografie 1932-1990, a cura di Barbara Bergaglio. L’importante fotografo torinese (Torino, 1915 – 2008) inizia ad approcciarsi al mezzo fotografico ad appena 13 anni, seguendo le orme del padre, titolare dell’Atelier di Fotografia Artistica e Industriale, e diventa molto presto socio della Società Fotografica Subalpina.

 

Come molti professionisti italiani negli anni Trenta, quando i fotografi si dedicavano alla fotografia di studio e per l’industria, Moncalvo lavora sin da subito a fianco di istituzioni come il Museo Egizio e l’Armeria Reale, ma anche di realtà industriali come Fiat, Pininfarina e Recchi. Si tratta di attività commissionate, che permettono di instaurare un forte legame col territorio rendendolo testimone di cambiamenti urbani e sociali. Il fotografo torinese sviluppa così un linguaggio autonomo con una particolare sensibilità per la modernità, che lo porta negli scatti tra fine anni Trenta e fine anni Quaranta ad accostarsi al linguaggio della Nuova Visione. Esemplari di questo suo linguaggio sono opere come Nella tormenta (1935), Il gesto (1937), Paesaggio pedonale (1937) e Serpe d’acqua (1938).

A questa attività Moncalvo affianca quella della ritrattistica, che lo vede immortalare momenti privati e pubblici di tante famiglie torinesi dell’aristocrazia e della grande borghesia. Il suo laboratorio potenzia l’uso del piccolo formato – primo a Torino e tra i primi in Italia – e della Leica, di cui diventa un convinto seguace.

 

Il riconoscimento internazionale arriva negli anni Cinquanta, quando viene selezionato dall’Agfa-Gevaert per apprendere il nuovo metodo di stampa a colori: da lì seguirà l’adozione delle pellicole negativo-positivo della Ferraniacolor arrivando nel 1958 a essere il primo in Italia autorizzato da Kodak all’uso delle sue pellicole. La produzione a colori di Moncalvo non lascia spazio all’antitesi tra fotografia professionale e artistica: l’intreccio è talmente stretto da influenzare l’intera vicenda dell’autore, come possiamo ammirare in Rosso e blu (1955), Piccolo solitario (1956) e Gstaad (1990).

 

L’attività del fotografo torinese cresce costantemente fino alla chiusura dello studio, avvenuta alla fine degli anni Ottanta.

 

La mostra di CAMERA raccoglie 50 stampe vintage, in bianco e nero e a colori, provenienti dall’Archivio Riccardo Moncalvo e altri materiali originali provenienti da collezioni private, che ripercorrono quasi 60 anni di carriera; la mostra è accompagnata da un catalogo edito da Dario Cimorelli Editore, con testi della curatrice, di Walter Guadagnini e di Andrea Tinterri.

 

In occasione dei Giochi Mondiali Invernali Special Olympics Torino 2025, che si svolgeranno dal 8 al 15 marzo prossimi a Torino e sulle montagne piemontesi, una sezione della mostra sarà ospitata a Sestriere: 20 scatti iconici di Riccardo Moncalvo racconteranno le evoluzioni del campione di sci alpino, Leo Gasperl. Alcune delle opere in mostra sono state utilizzate dallo stesso Gasperl per illustrare il suo storico libro Discesismo pubblicato nel 1951 da Hoepli e visibile in esemplare originale a CAMERA, Torino.

Comments

Rated 0 out of 5 stars.
No ratings yet

Add a rating
logo fotografiamo.png

il blog per chi ama la fotografia b

  • Facebook - Black Circle

Facebook

  • Twitter - Black Circle

Twitter

  • Instagram - Black Circle

Instagram

Invia un suggerimento

© 2017-2023 by FotografiAmo.net. Proudly created by studioevidence www.fotografiamo.net

Fotografiamo.net non assume alcuna responsabilità per l'uso che potrebbe essere fatto di qualsiasi informazione o argomento contenuta nel sito, ne può garantirne l'esattezza in ogni minima parte anche se cura e pubblica il materiale con il massimo impegno e buona fede.

bottom of page