Canon EOS R7, il test completo
Quando nel 2018 Canon presentò le prime mirrorless della neonata famiglia EOS R erano entrambe fotocamere con sensore a formato pieno e ci si chiese se il formato ridotto sarebbe potuto rimanere appannaggio esclusivo della serie EOS M, nata nel lontano 2012. Ben presto è risultato chiaro a tutti che si trattava solo di una questione di tempo e che Canon non avrebbe potuto progettare il proprio futuro con due baionette non compatibili tra loro come la RF e la EF-M ed è stato quindi vissuto come un passo naturale da tutti l'introduzione della baionetta RF-S da affiancare alla RF come era avvenuto per le reflex tra la EF e la EF-S. Anzi, meglio, perché all’epoca le fotocamere a pieno formato non potevano adottare le ottiche EF-S, mentre oggi con le mirrorless tutto appare più semplice e compatibile.
L’adozione della baionetta RF-S ha consentito di poter utilizzare un unico anello adattatore per poter utilizzare le ottiche EF anche con le mirrorless della famiglia EOS R.
La EOS R7 si configura quindi come la punta di diamante di questa nuova famiglia di mirrorless con baionetta RF-S ed eredita l'investitura di ammiraglia delle fotocamere APS-C di Canon che fu della EOS 7D Mark II, invece lascerei perdere paragoni con le più recenti, ma molto differenti, EOS M5 e EOS M6 Mark II. Dalla reflex infatti eredita la vocazione a fotografare in ambienti difficili come lo sport e la natura mentre per le due EOS M menzionate il campo di gioco più congeniale è sempre stato quello della street photography. Il discorso da fare è però leggermente più complesso, perché in realtà la EOS R7 è molto più di quella che avrebbe potuto essere la EOS 7D Mark III visto che l’architettura delle reflex aveva raggiunto dei limiti che la mirrorless si può permettere di oltrepassare agevolmente in termini di rapidità di scatto continuo e, soprattutto, di capacità di inseguimento dell’autofocus. L’autofocus della EOS R7 infatti sfrutta tecnologie di deep learning che erano già presenti su altre mirrorless EOS R e che per una fotocamera progettata pensando principalmente a chi la userà per sport e natura è un bel vantaggio.
Il menù dell’autofocus è ricco di opzioni ed è molto simile a quello già visto su mirrorless più blasonate come EOS R3 e EOS R5.
Prima di addentrarci nelle caratteristiche tecniche però vorrei parlarvi della prima presa di contatto con la fotocamera. Appena presa in mano la EOS R7 non ricorda affatto la EOS 7D Mark II. Non è tanto una questione di dimensioni e peso, anche se la mirrorless è un po’ più piccola della reflex e pesa circa la metà. No, il discorso è che la reflex sembra venuta da un passato lontanissimo e nonostante sia stata presentata nel 2014 sembra portarsi i suoi 10 anni come se ne avesse almeno il doppio quando la si confronta con la EOS R7. La prima cosa che si nota guardando la EOS R7 da dietro è la presenza della ghiera e del grande joystick che è stata alzata rispetto a quello della EOS 7D Mark II. Essendo la mirrorless più piccola rispetto alla reflex il joystick sarebbe diventato troppo facile da premere accidentalmente se fosse rimasto accanto al display posteriore e la nuova posizione è ergonomicamente perfetta per assolvere al suo compito, anche se il fatto che sporga dalla calotta centrale ne ha compromesso l’estetica quando la si guarda da certe angolazioni. Tra le ultime EOS R questa non è certamente quella dal design più riuscito, però la funzionalità è quella che conta e la EOS R7 cade veramente bene in mano. La fotocamera ha dimensioni contenute e lo spazio a disposizione è così poco che purtroppo non è presente il display LCD superiore sulla calotta. Da fan di questo secondo schermo non posso di certo esultare per questo, anche se mi rendo conto benissimo che lo spazio per metterne uno di dimensioni decenti semplicemente non c’è.
Vista da dietro la EOS R7 non appare certamente come la mirrorless dal design più riuscito degli ultimi tempi. Il joystick spostato in alto ha imposto l’adozione di una protuberanza abbastanza sgraziata, ma se parliamo esclusivamente dell’ergonomia la scelta di spostarlo è stata sicuramente appropriata.
La EOS R7 ha il pulsante di accensione che è stato portato sul lato destro della fotocamera come su tutte le ultime EOS R presentate, mentre le prime mirrorless che hanno contribuito alla nascita di questa famiglia l'avevano dal lato sinistro. Una piccola variazione che con un minimo di abitudine non crea problemi, quel che veramente invece di problemi me ne ha creati è il fatto che Canon abbia deciso di suddividere le posizioni dell’interruttore di accensione in 3. Fotocamera “spenta”, in modalità “fotografica” e infine in modalità “video”. Il problema è che in questo modo quando la si accende di corsa spesso si finisce per ruotarlo a fondo corsa ritrovandosi in modalità video proprio quando ci servirebbe con urgenza di poter fotografare. Questa è una mirrorless che offre il suo meglio agli appassionati di sport e di natura e quindi la rapidità di azione è fondamentale. Penso che questo interruttore sarà completamente da rivedere in futuro per offrire un maggior comfort al fotografo che, quando accende la fotocamera, deve essere sicuro che la fotocamera risponda prontamente.
Il nuovo pulsante di accensione si è rivelato scomodo da usare proprio negli istanti in cui servirebbe poter accendere la fotocamera con rapidità a causa della scelta di dotarlo di un ulteriore scatto per accedere alla modalità video.
Quando si avvicina la fotocamera all’occhio ci si dimentica quasi delle sue dimensioni contenute dato che tutto è a portata di pollice, come deve essere su una mirrorless professionale. Nonostante il mirino da 0,39” sia effettivamente un po’ piccolo le informazioni al suo interno sono chiaramente leggibili e ben raggruppate e il fatto che neanche nelle raffiche il mirino perda performance consente di lavorare con una tranquillità e una fluidità che non era concessa dalla reflex che ha sostituito.
Dettaglio del mirino
Proprio per il fatto che è una mirrorless pensata per i fotografi sportivi e quelli di natura è particolarmente importante la precisione e la rapidità dell’autofocus. L’autofocus è di tipo Dual Pixel CMOS AF II ed è in grado di lavorare in un intervallo compreso tra -5 e 20 EV su 651 aree. La cosa più importante è che grazie al deep learning la fotocamera è in grado di riconoscere e inseguire gli essere umani, gli animali e i veicoli e lo fa al meglio. Ho provato la macchina su diversi soggetti e devo dire che, se impostato correttamente, è in grado di inseguire il soggetto con un’efficacia che infonde sicurezza al fotografo. Ho effettuato i test su diversi tipi di animali, uccelli di vario tipo, alcuni cani e anche su quello più ostico di tutti - il mio bimbo di 3 anni - e ogni volta l’autofocus si è dimostrato efficace. Anche sui veicoli ho rilevato la stessa efficacia ed è interessante il fatto che mantenga facilmente il fuoco sia se si inquadra un’automobile, sia che il soggetto sia un motociclo. Certo, non sarà l'autofocus formidabile della EOS R3, però se lo paragoniamo a quello della EOS 7D Mark II si tratta proprio di un altro modo di fotografare. Più facile e, soprattutto, più efficace.
Come ogni fotocamera che aspira a soddisfare chi si occupa di sport e natura deve avere una buona cadenza di scatto continuo. Ho trovato più che sufficienti i 15 fotogrammi al secondo a disposizione utilizzando l’otturatore meccanico e mi è piaciuto il fatto che la velocità venga mantenuta per 224 immagini JPEG o 51 immagini RAW. Se invece si opta per l’otturatore elettronico si può arrivare fino a 30 fotogrammi al secondo e in questo caso la velocità viene mantenuta per 126 immagini JPEG o 42 immagini RAW. Riguardo questi numeri vorrei fare una piccola riflessione a margine che probabilmente spiegherò meglio in uno dei prossimi articoli, se prendete i dati che vi ho appena riportato e provate a ricordare quelli dell'ultima reflex ammiraglia di Canon, riuscite a ricordarvi le sue caratteristiche? Bene, se non ve le doveste ricordare vi posso aiutare io: la EOS 1D X Mark III poteva registrare fino a 16 fotogrammi al secondo usando il mirino ottico e 20 utilizzando il live view. Questo dovrebbe farvi pensare a che livello di sviluppo siano arrivate le fotocamere di oggi e sarebbe anche lecito domandarsi se veramente raggiungere questi limiti sia poi così indispensabile. D'altra parte fa pensare il fatto che la EOS 1D Mark III con il suo sensore full frame costasse 7639,99 euro di listino e che oggi la EOS R7 di listino costi 1459,99 euro. Certo, da parte sua la reflex aveva prestazioni da ammiraglia anche in termini di gamma dinamica e contenimento del rumore alle alte sensibilità che la EOS R7 non può eguagliare, ma ho comunque l'impressione che l'accelerazione nelle prestazioni offerte dalle mirrorless di ultimissima generazione sia semplicemente sorprendente se si tiene un occhio attento sul mercato e che spesso questo non venga percepito adeguatamente dall’utenza finale.
Già con 15 fotogrammi al secondo si riesce a ottenere una sequenza di scatto ottima anche per riprendere un cane lanciato in corsa. L’autofocus in questo caso ha seguito l’animale senza perdere colpi e prevedendone i movimenti anche quando ha improvvisamente voltato. Sfruttare i 30 fotogrammi al secondo possibili utilizzando l’otturatore elettronico può essere comodo più che altro quando si ha a che fare con sport di alta velocità come l’automobilismo o il motociclismo.
Il sensore è un CMOS APS-C da 32.5 megapixel di risoluzione ed è coadiuvato dal sensore Digic X, un processore di ultima generazione che era già stato utilizzato per altre mirrorless Canon come la EOS R3. Il sensore non è di architettura stacked, ma questo non ne ha di certo limitato le prestazioni, come ho avuto già modo di scrivere. Forse avrei preferito qualche megapixel in meno e una maggior resa agli alti ISO, ma in questi anni l'aumento di risoluzione è diventato di nuovo un tema centrale per i costruttori, anche se non penso che sul pubblico abbia la stessa presa della corsa ai megapixel dei primi anni 2000 quando tutto sommato andare a guardare i megapixel di risoluzione poteva effettivamente fare la differenza.
Le fotocamere con sensore APS-C hanno dei limiti maggiori rispetto alle fotocamere a pieno formato quando è necessario alzare la sensibilità e la EOS R7 non fa differenza. In questi anni i progressi nel contenimento del rumore digitale sono stati costanti, ma sono stati mitigati dall’incremento graduale della risoluzione. Sarei pronto a scommettere che se la EOS R7 di megapixel ne avesse 16 con fotodiodi molto più grandi sarebbe in grado di rivaleggiare ad armi pari anche con la migliore delle full frame.
Questa foto è stata scattata in formato RAW a ISO 6400. I dettagli sono ben leggibili, anche se il rumore appare piuttosto evidente quando si va a ingrandire l’immagine.
Guardando le foto scattate durante il test sono rimasto molto soddisfatto della loro resa finale. La gamma dinamica registrata è abbastanza ampia e come immaginabile se si scatta in RAW si riesce a gestirla al meglio. Non è un segreto che i file RAW di Canon siano tra i più malleabili da lavorare e che la loro forza sia proprio nel riuscire a gestire i colori molto facilmente ed efficacemente.
La gamma dinamica della EOS R7 è buona e si dimostra accettabile già scattando in jpeg, ma i file RAW sono così ricchi di informazioni che sarebbe un peccato non sfruttarli.
Il sensore della EOS R7 è stabilizzato e ha un’efficacia che può arrivare a ben 7 stop se si utilizzano obiettivi anch’essi dotati di stabilizzatore grazie al loro lavoro coordinato. Questo è un valido aiuto per non dover alzare eccessivamente la sensibilità, ricordando anche quanto detto poco fa. Durante il test mi è sembrato che la sua efficacia sia stata più che buona.
Questa grafica aiuta a capire il funzionamento dello stabilizzatore.
La presenza del doppio slot per schede SD è assolutamente positiva. Quando Canon dota le sue fotocamere di due slot solitamente vuol dire che ritiene quella fotocamera adatta anche a un uso professionale e in effetti la EOS R7 lo è. Il fatto che non ci sia uno slot per una scheda CFexpress, ma che siano entrambi per schede SD, è un vantaggio possibile in virtù della massima risoluzione di registrazione video che è di 4K/60p. Come visto su numerose altre fotocamere lì dove la risoluzione video aumenta le schede SD non possono consentire la registrazione e occorre ripiegare sulle più costose e prestanti CFexpress. Francamente non essendo un fan del video ammetto di preferire un buon video, ma limitato a 4K nella risoluzione, che però consenta di utilizzare le numerose schede SD che ho a casa, piuttosto che essere costretto a comprare una CFexpress sapendo che un video 8K al momento non ho nemmeno la possibilità di rivederlo a pieno formato.
Il doppio slot per schede SD.
In conclusione posso dire che la mia lunga esperienza – circa un mese a stretto contatto - con la EOS R7 sia stata assolutamente positiva. Una macchina piccola e leggera, ma molto potente. Un discreto passo avanti rispetto alla reflex che è chiamata a sostituire. Si è rivelata affidabile in condizioni tutto sommato difficili. È consigliata a chi si occupa di sport e natura, ma preferirei spendere due parole ulteriori su questo punto, infatti come ho avuto modo di approfondire l’alta risoluzione e il formato piccolo fanno sì che alle alte sensibilità il rumore digitale tenda a essere piuttosto marcato, anche se fino a ISO 3200 l’uso delle foto potrebbe andare bene anche per il professionismo a patto di non eccedere nella grandezza di stampa, per questo tenderei a consigliarla più per chi si occupa di sport diurni o di natura. In entrambi i casi quando si utilizzeranno sensibilità più alte sarà meno evidente il rumore, mentre in sport al chiuso o di sera il rumore potrebbe compromettere i risultati.
Secondo me la EOS R7 è anche un ottimo secondo corpo macchina per chi ha un corpo principale a formato pieno. Ottimo per chi ha una EOS R3, ma anche una EOS R6 Mark II, mentre chi possiede una EOS R5 avendo un sensore ad altissima risoluzione - 45 megapixel - ha già la possibilità con il ritaglio in fase di scatto di ottenere il fattore moltiplicativo delle APS-C con una risoluzione finale di circa 20 megapixel e quindi potrebbe non sentire la necessità di affiancare alla propria full frame anche un corpo con sensore APS-C, se non per fattori di costo.
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