Addio Elliott Erwitt
Questa mattina mi sono svegliato con una triste notizia, a 95 anni è venuto a mancare Elliott Erwitt.
Qualcuno potrà dire che a 95 anni può capitare di morire, ma questo non rende la notizia meno triste per me.
Quando qualcuno mi chiedeva quale fosse il mio fotografo preferito ho sempre fatto fatica a rispondere, ma poi la mia scelta è sempre ricaduta su Erwitt. Alla mia risposta c'erano tre possibili reazioni: la prima era di perplessità, "ma chi è Erwitt". E la non ci puoi fare nulla; la seconda era la peggiore di tutte: "ma come? E Capa?", oppure: "ma come? E Bresson?" e potete mettere in questa lista anche Salgado, McCurry e chi volete. Macchisenefrega di fare una classifica, apprezzare un fotografo in particolare non vuol disprezzare gli altri o pensarli di secondaria importanza; L'ultima era di stupore, "ma come, un paesaggista che adora Erwitt?" e qui almeno potevo spiegare il perché. Di Erwitt non mi piace tanto la potenza delle immagini, alcune sono state magnifiche, ma il senso di lievità nel vivere, nell'usare l'ironia e nel presentarsi all'interno delle stesse immagini prima come uomo e poi come fotografo. Di Erwitt mi piaceva l'essere umano alle spalle della macchina fotografica prima ancora del fotografo.
E poi era capace di sintetizzare concetti che molti ancora oggi devono capire. Quando Mario Calabresi gli chiede se con l'arrivo dei cellulari sarebbero diventati tutti fotografi e di conseguenza sarebbe sparito il mestiere del fotografo lui ha risposto: "tutti possono avere una matita e un pezzo di carta, ma pochi sono poeti".
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