La foto del bacio a Times Square, il #metoo ed il contesto storico
Della foto del bacio a Times Square scattata da Eisenstaedt il giorno della resa del Giappone sappiamo praticamente tutto.
Come ogni altra icona, è divenuta tale forse anche per via dell'alone di mistero che la circondava. Oggi ormai conosciamo l'identità dei due protagonisti, l'ora in cui è stata scattata la foto (le 17 e 51 minuti del il 14 agosto 1945) ed il punto preciso (a sud della 45a strada). Il tutto è stato ricostruito da alcuni ricercatori dell'Università del Texas e dell'Iowa confrontando le ombre e le lancette degli orologi stradali, e dallo storico Lawrence Verria grazie a software di antropologia forense.
Per oltre cinquant'anni però, fino al 2007, l'identità dei due protagonisti è rimasta sconosciuta.
Il volto dei soggetti, nello scatto divenuto celebre, non è ben visibile, e la foto funziona anche per questo. L'immagine non ritrae due persone in particolare, ma piuttosto la gioia di vivere di due ragazzi che sono divenuti un simbolo per tutti coloro che sono sopravvissuti all'immane tragedia del secondo conflitto mondiale.
Questa caratteristica è presente in un altro famoso bacio divenuto celebre nella storia dell'arte, "Il Bacio di Hayez", del 1859, conservato alla Pinacoteca di Brera.
Anche nel dipinto i volti dei protagonisti sono appena visibili, e la posa è quasi identica. Le opere del celebre pittore veneziano d'altronde sono caratterizzate da un insolito realismo, quasi fotografico, proprio perché Hayez, come molti suoi contemporanei (fra cui Roesler Franz), era affascinato dalla nuova arte della fotografia, ed utilizzava immagini fotografiche come riferimento per i suoi dipinti. Era una pratica molto diffusa all'epoca, a Roma esisteva un "Circolo dei pittori fotografi" che si riuniva al Caffè Greco intorno al 1850, e che è stato studiato da Anne Cartier-Bresson (figlia di Henri) in questo libro.
L'immagine è stata scattata da Eisenstaedt con quella particolare composizione perché certamente nella sua mente esisteva, come riferimento visivo inconscio, il dipinto di Hayez.
Certamente non avrà avuto il tempo di pensarci nella frazione di secondo in cui ha premuto d'istinto il pulsante di scatto della sua Leica IIIa, ma è questo che fanno gli artisti: studiano a fondo la loro arte per immagazinare riferimenti da far tornare a galla al momento giusto, per creare qualcosa di nuovo che diviene parte di un discorso collettivo.
Nell'arte tutto è remix, come spiega questo interessantissimo video di Kirby Ferguson.
Se anche la composizione dello scatto fosse stata frutto del caso, e non della abilità del suo autore (cosa di cui dubito), certamente questo è stato selezionato dai grafici di Life per la copertina ed è poi divenuto un'icona proprio per quella somiglianza a decine di altri baci celebri nella storia dell'arte e del cinema.
L'immagine scattata dal fotografo militare Victor Jorgensen, catturata nello stesso istante ma da una angolazione leggermente differente, funziona meno bene, e non ha avuto lo stesso successo.
Il Bacio di Hayez, oltre ad aver dato il nome ai Baci Perugina, ha ispirato una lunga serie di baci cinematografici e fotografici simili. Quelli che vedete qui sotto però sono tutti baci scenici realizzati da attori, compreso quello del celebre "Bacio all'Hotel de Ville" di Doisneau.
La foto di Eisenstaedt ha il pregio di essere scattata in un istante di vita reale, catturato in un momento della storia estremamente significativo, e di essere quindi una immagine che è al tempo stesso sia un documento che una immagine visivamente interessante.
Quel giorno del 1945 che divenne noto come il V-Day Eisenstaedt si trovava a Times Square durante i festeggiamenti spontanei per la resa del Giappone e la fine della guerra (diretta conseguenza del tragico genocidio di Hiroshima e Nagasaki).
Il fotografo di Life, affermato professionista di 47 anni, vide un giovane marinaio correre in mezzo alla folla e baciare qualsiasi donna le capitasse a tiro, di qualsiasi età e fisionomia; correndo di fronte a quel ragazzo, cominciò a scattare foto che non risultarono però visivamente soddisfacenti. Quando vide che il marinaio, vestito di scuro, abbracciava qualcuno vestito di bianco, si girò d'istinto e scattò la foto più famosa della sua carriera.
Quel marinaio era solamente un ragazzo di 21 anni che si trovava a New York in licensa, dopo aver partecipato alla Battaglia di Okinawa a bordo del cacciatorpediniere The Sullivans, il quale era tornato in porto per una revisione dopo aver tratto in salvo 166 marinai che si erano gettati in mare dalla portaerei Bunker Hill a causa dell'attacco di due aerei kamikaze a distanza di 30 secondi l'uno dall'altro.
Certamente doveva aver visto delle brutte, bruttissime cose, e doveva essere al settimo cielo per il fatto di essere sopravvissuto alla tragedia della guerra. Quel bacio è in effetti un inno alla vita, ed è bello che sia stato pubblicato proprio sotto la scritta Life.
Il fatto è che quella foto ormai è una icona, e dopo essere stata usata per la copertina della nota rivista Life e di altri libri, è diventata anche una discutibile statua gigante di alluminio, opera dello scultore John Seward Johnson II, cugino di primo grado dell'attore Michael Douglas. Come abbiamo già detto, nell'arte "tutto è remix".
Per aggirare il copyright legato alla immagine di Eisenstaedt, tuttora di proprietà di Life, lo scultore ha sempre affermato di essersi ispirato alla versione meno famosa della scena, quella ritratta da Jorgensen, che invece sarebbe di pubblico dominio.
La statua in questione, alta otto metri, è stata replicata ed installata in varie città, San Diego, California,Key West, Florida, Snug Harbor in New York, e Sarasota in Florida.
Se è già discutibile utilizzare una immagine iconica e coperta da copyright per realizzare una gigantesca statua degna di un Luna Park (noti critici d'arte l'hanno reputata piuttosto kitsch, per chi avesse dei dubbi in merito), è ancor più discutibile il titolo dato all'opera: "Unconditional Surrender", ossia "resa incondizionata".
Un nome piuttosto infelice, che mette inevitabilmente in relazione la resa del Giappone, conseguenza di un atto atroce - ossia l'uccisione indiscriminata di 200mila civili, donne e bambini compresi, con due bombe atomiche (le uniche finora mai utilizzate da una nazione durante una guerra su popolazione civile) - con la reazione che ebbe Greta Zimmer Friedman, la giovane infermiera ritratta nella foto, a quel bacio.
Sui giornali di tutto il mondo ieri vi era la notizia che una di queste statue, quella installata a Sarasota, è stata danneggiata subito dopo la morte del marinaio ritratto, che si chiamava George Mendonsa e che si è spento qualche giorno fa a 95 anni a causa di un attacco di cuore.
Su una delle gambe dell'infermiera è stata dipinto, con una bomboletta spray, l'hashtag #metoo, slogan del noto movimento femminista contro la violenza sulle donne, il che è stato letto come un atto di accusa nei confronti del povero Mendonsa, il quale ovviamente non aveva chiesto il consenso per quel bacio rubato il 14 agosto del 1945.
Paradossalmente la scritta vandalica, subito rimossa, ha probabilmente valorizzato l'opera.
Paragonare un atto di violenza su una donna inerme al bombardamento atroce su due città prive di obiettivi militari paradossalmente regala un significato al titolo dell'opera, ma non credo assolutamente che fosse quello l'intento dello scultore, visto che l'opera è stata installata in varie città americane proprio vicino a musei e memorial della seconda guerra mondiale.
La realtà dei fatti è che la donna ritratta nella foto, Greta Zimmer Friedman, ha dichiarato in più interviste di non aver mai considerato quel bacio come un atto di molestia sessuale, nonostante si fosse svolto senza il suo consenso. La signora Friedman è morta qualche anno fa, ma disse che all'epoca comprese che era un atto compiuto da qualcuno che stava ringraziando Dio della fine della guerra, e pensò che il marinaio avesse afferrato una donna vestita da infermiera proprio per ringraziare, con quel gesto, tutto ciò che le infermiere avevano fatto per i soldati feriti durante la guerra.
La serie di sculture di Seward Johnson invece è sempre stata oggetto di fortissime critiche: le opere sono state contestate in ogni luogo in cui sono state installate, perché considerate kitsch e fuori scala. La direttrice del Comitato Artistico di Sarasota disse "non la definirei neppure kitsch... è come una gigantesca immagine da cartone animato disegnata al un computer sulla base di una fotografia famosa. Non è la creazione di un artista. E'un artista che sta copiando una immagine famosa".
Il fatto è che ogni opera d'arte va letta nel contesto storico e culturale proprio della sua epoca.
Alois Riegl, storico d'arte tedesco, nel 1901 introdusse il concetto di kunstwollen, secondo cui "ogni opera d’arte va considerata e giudicata in merito alla raggiunta coerenza espressiva nell’ambito del kunstwollen (volontà artistica) caratteristico dell’epoca in cui è nata".
Da questo pensiero ne deriva il fatto che, inevitabilmente, ogni opera dell'intelletto umano non potrà prescindere dall'essere letta in un determinato contesto storico sociale che non è quello in cui è stata concepita.
Certamente la foto di Eisenstaedt non è stata scattata con l'intento di documentare un gesto di violenza sulle donne, e non è stata pubblicata da Life con quell'intento. A quanto pare non è stata interpretata come tale neppure dai suoi protagonisti. Era la rappresentazione di un gesto compiuto per un sincero sentimento di gioia, durante un pubblico festeggiamento, ed è diventata un simbolo della gioia di vivere per i cinquant'anni a seguire.
La nostra cultura però sta cambiando, e (come è sempre è accaduto del resto) tendiamo a rileggere il passato secondo i fatti ed avvenimenti recenti, e secondo la cultura del nostro presente. E' un vizio che l'umanità ha sempre avuto, e forse in fondo è anche il motivo per cui studiamo la storia, ma bisogna cercare di farlo in maniera consapevole.
Qualcuno probabilmente in futuro rileggerà la nostra epoca criticando gran parte delle nostre scelte senza fare sconti, per cui cerchiamo di essere indulgenti con il passato, e di non mettere etichette alle cose.
Aggiornamento: Ho appena saputo dal collega Gianluca Laurentini che una delle statue del Bacio è sbarcata persino a Civitavecchia; era installata alla marina di fronte alla antica Rocca, una zona certamente sottoposta a vincolo paesistico in cui è difficile giustificare la presenza di una statua in alluminio e polisterene alta 8 metri e mezzo.
Considerato il titolo dell'opera (resa incondizionata) questa era decisamente fuori contesto in una città che fu completamente rasa al suolo da bombardamenti alleati il 14 maggio 1943.
La statua di Civitavecchia, molto criticata dalla amministrazione, è stata rimossa nel 2014. A distanza di 5 anni nessuno la ricorda più o ne sente la mancanza, la presenza a Civitavecchia non risulta neppure nella pagina di Wikipedia dedicata all'opera. Alle casse comunali è costata 30mila euro per il suo sdoganamento, e 7mila euro l'anno per il mantenimento. Pare che ora si trovi in Normandia.