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Immagine del redattoreAlessandro Fabiani

La sopraffazione del Narciso

Siamo sommersi di immagini, contenuti, video, che in ogni device esauriscono la spropositata memoria ogni volta mai sufficiente. La cultura del social ad ogni costo ha portato l’idea della fotografia ad un banale gesto, da ripetere freneticamente senza capirne realmente l’atto. Inquadrare qualcosa, un attimo, un esatto momento o un costrutto di ore di lavoro, per descrivere la realtà. La diffusione della tecnologia ha permesso al narcisismo di divenire un feticismo smisurato dell’io dove il mondo, la realtà, diviene un piedistallo, uno sfondo all’io prorompente che vede nella sola sua immagine la realizzazione di uno scopo. Non più il racconto attraverso la rappresentazione di ciò che vediamo, ma il ritratto di se stessi, ogni uno si mette in mostra. Come dice Cotroneo “ lo schermo del proprio cellulare si fa specchio, e non finestra sul mondo”. Ma siamo sicuri che sia rimasto solo questo, che il mondo della fotografia stia evolvendo in un semplice sfogo narcisistico dell’io? Credo si debba fare una distinzione fondamentale, si tende a semplificare troppo facilmente degli aspetti che in realtà sono molto complessi. È come parlare di mettere sullo stesso piano un pilota di formula 1 e un neo patentato, semplicemente perché entrambi esecutori della medesima azione di guidare un automobile. Un Fotografo è come Tazio Nuvolari o Juan Manuel Fangio, riesce a comprendere il mezzo che sta utilizzando esprimendo al meglio tutto il suo potenziale. Il selfista compulsivo è come il neopatentato, ancora guarda i pedali e il cambio per vedere cosa sta spostando, senza capirne il senso. Tutti guidano o possono guidare un automobile, pochi riescono a farlo diventare un arte. Una moltitudine, per non dire quasi tutti, scattano una foto, in pochi comprendono ciò che inquadrano.

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